giovedì 27 marzo 2014

pCell, 1.000 volte più veloce del 4G

Velocità da sogno, senza nemmeno cambiare il telefonino.



Chi spera con tutto il cuore che la copertura 4G, portata avanti senza fretta dai maggiori operatori, prima o poi lo raggiunga per godere finalmente di una navigazione ad alta velocità sappia che la tecnologia di quarta generazione è una lumaca rispetto a quello che si prepara.





La startup Artemis, in attività dal 2011, sta infatti sviluppando una tecnologia di connessione chiamata pCell e che promette di essere 1.000 volte più veloce di quello a cui siamo oggi abituati.



Il suo inventore, Steve Perlman, spiega di aver adoperato un approccio completamente diverso dall'attuale per quanto riguarda le comunicazioni via etere.
Le comunicazioni cellulari odierne si basano su antenne che creano ciascuna una "cella" (da cui, per l'appunto, il nome) in cui diffondo il segnale, il quale viene condiviso da tutti i telefoni nell'area.
pCell funziona al contrario. Ogni telefono ha una "cella personale" (personal cell, da cui pCell), minuscola, che fornisce tanta banda quanta le celle attuali ma non è condivisa con nessuno.
«Ognuno ha una piccola cella, circa un centimetro, attorno al telefono. Ciò fornisce una densità incredibile. Ognuno ottiene lo spettro completo del canale in un centimetro» spiega Perlman. (Testo originale: "Everybody gets a little cell, that’s about a centimeter in size, around your phone. That gives you incredible density. Everyone gets the full spectrum of the channel in one centimeter of space")
Una miriade di piccoli dispositivi grandi come router - chiamati pWave - soppiantano le grandi antenne e forniscono servizi migliori in aree ristrette.


A differenza delle antenne attuali, che tendono a disturbarsi l'un l'altra causando una degradazione del segnale, le celle personali collaborano tra loro, adoperano le interferenza a proprio vantaggio: diverse onde si "uniscono", creando un segnale dalle ottime prestazioni.
Inoltre, pCell usa meno energia. Se le radio Wi-Fi usano 250 milliWatt per trasmettere i dati e le antenne cellulari vanno ancora oltre, i pWave si accontentano di 1 milliWatt. Similmente, i ricevitori (come gli smartphone) hanno bisogno di meno energia per cercare il segnale.
Il risparmio si registra anche sul versante degli operatori: non sono più necessarie le grandi infrastrutture, perché tutto ciò che serve è che i pWave siano posti in maniera tale che un elemento ne "veda" sempre un altro; per la gestione dei segnali non servono apparecchiature dedicate, ma è sufficiente un computer con Linux (come quelli adoperati durante lo sviluppo di questa tecnologia).
Il risultato? «Dovunque vado, ho sempre cinque tacche e posso ricevere film HD in streaming sull'iPad».
Il bello di questa tecnologia è che non servono dispositivi nuovi e particolari: Artemis sta lavorando affinché gli attuali smartphone e tablet compatibili con LTE siano già in grado di funzionare con pCell.
Il problema è capire se gli operatori tradizionali supporteranno questa tecnologia e, prima ancora, se ne permetteranno la diffusione.
«Non è solo una svolta» spiega Richard Doherty, direttore di un'azienda che si sta interessando al progetto di Perlman. «Può sia far guadagnare che mettere in difficoltà diverse aziende che attualmente dominano».
pCell dovrebbe dare la prima dimostrazione di sé entro la fine dell'anno a San Francisco: 350 pWave saranno installati sui tetti della città, coprendo l'intera area urbana. Per una sua eventuale diffusione ulteriore, invece, non si possono ancora fare previsioni.

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