domenica 27 settembre 2009

Trovare lavoro coi social network

Oltre oceano quasi la metà dei responsabili delle risorse umane consulta regolarmente i social network per vagliare le domande di assunzione.


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Facebook si è proposto ripetutamente agli onori della cronaca per avere causato un po' ovunque licenziamenti in tronco di dipendenti pubblici e privati, di volta in volta accusati di dedicare troppo tempo al networking oppure al contrario di avere, anche solo occasionalemte, espresso giudizi poco lusinghieri sul management o sull'organizzazione aziendale.

Ma secondo un recente sondaggio commissionato da CareerBuilder a Harris Interactive, nota multinazionale ricercatrice di mercato e specializzata in inchieste telefoniche, i maggiori siti di aggregazione sociale sono sempre di più passati al vaglio dai responsabili delle assunzioni, dai capi del personale e in genere da tutti coloro che hanno responsabilità nella gestione delle risorse umane.

Scopo delle "indagini" sarebbe non tanto il desiderio di cercare ed espellere le eventuali "mele marce" quanto il desiderio di scoprire quanto più possibile riguardo alla sfera privata dei possibili futuri dipendenti.

Il fenomento sta assumendo dimensioni impensabili e pare - anche se il condizionale è d'obbligo - che sia già sbarcato in Europa; resta il fatto che al sondaggio oltre il 45% dei responsabili delle risorse umane ha risposto affermando di consultare regolarmente Facebook, MySpace e LinkedIn per farsi un'opinione dei candidati all'impiego, e che circa un terzo di essi sono stati preventivamente scartati in ragione del contenuto delle pagine personali sul network.

Tra le cause più frequenti le dichiarazioni relative all'assunzione di droghe e alcoolici, la pubblicazione di fotografie "inappropriate" o semplicemente l'impressione di essere socialmente poco integrati; d'altro canto CareerBuilder, forse anche per timore di perdere consensi e clientela, incoraggia l'uso delle reti sociali affermando che "almeno parte delle assunzioni si sono verificate per merito delle informazioni" ivi reperite.

La notizia nel complesso lascia un po' d'amaro in bocca e conferma una volta ancora l'effetto di "spersonalizzazione" indotto dall'uso distorto dell'Internet. Infatti le proposte lavorative sembrerebbero sempre meno legate all'esperienza professionale e all'intervista personale con un reclutatore esperto, a favore della massima semplificazione a costi nulli prendendo per buona un'immagine di sè di solito falsata dal momento psicologico in cui è stata consegnata all'eternità virtuale.

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